La vita è bella anche quando sputa
La vita è bella anche quando sputa

la pioggia smotta la terra le case e gli umori

La pioggia abbondante di questi giorni oltre a provocare il crollo di qualche muro è riuscita anche a procurare un collasso nervoso della gente coinvolta nella vicenda.

Ai bordi della strada una donna seduta su una sedia con le spalle alla parete della piazzetta, tiene un fazzoletto bianco in mano e piange come una vedova al capezzale del marito. È crollata parte della sua casa. L’acqua ha mosso le fondazione scuotendo la muratura e la sua anima. Queste prime sere d’inverno trascorse nella piccola stanza del convento illuminata da neon gialli e arredata con lettini di fortuna, mettono già nostalgia degli ambienti casalinghi, quelli con i quali ci si identifica firmando un patto tacito di reciproca appartenenza. Fuori dal proprio “guscio” anche il cibo muta il suo sapore e sembra incapace perfino di nutrire e di saziare lasciando un senso di fame perenne. Non è semplicemente la sua provenienza da altra cottura, diversa dalla solita, a distorcerne la sostanza, ma il gusto delle pietanze mischiato al malumore ne altera di certo la percezione. In poche ore si dorme e si mangia altrove e il resto del giorno è trascorso accanto al “morto”, a vegliarne le rovine piegate.

La casa al piano terra si è sventrata e le viscere aperte mostrano un’intimità in qualche modo violata. Credenze, sedie, mobili e mattonelle sono ora visibili da chiunque dall’esterno, dalla strada. Un fumo simile agli aliti, prima custodito al caldo e nel chiuso delle pareti, è scappato via per confondersi nell’aria fredda.

 Intanto le sonde rumorose penetrano il terreno in cerca di un motivo e lo si cerca nel profondo, oltre il banco tufaceo. Pare che la pioggia abbia smosso qualcosa che sorreggeva le mura dei palazzi. Forse una massa d’acqua, con la sua violenza, ha smottato il terreno posto sotto il tufo provocando vibrazioni letali.

 Al di la delle ipotesi ancora tutte da verificare circa le cause del dissesto, c’è la gente che oltre le transenne di sicurezza, da spazio alla parola proferendo opinioni e mostrando anche tensioni evidenti. L’atmosfera è quella ideale ad accogliere espressioni di rabbia e di sconforto e le occasioni di litigio sono così abbondanti che mi ci ritrovo dentro senza nemmeno prevederlo.

 «Non ti faccio accedere al cantiere! Ti devi spostare … non puoi entrare!» Una spinta, come un oltraggio alla spalla, mi fa percorrere qualche metro indietro e mi accende gli occhi di rabbia. «Vado a denunciarti.» La mia replica. «Ti sparo … ti scanno!» La sua. E poi una folla di persone in mezzo a dividere una rissa che forse nemmeno sarebbe avvenuta. I nervi vibrano come le corde di una chitarra scordata, incapace di generare armonie musicali e mi viene da pensare che l’acqua abbia “innacquato” i nostri neuroni ancor prima delle fondazioni dei palazzi. Ma siamo umani.

Il centro storico di Grumo Nevano, come tutti i centri antichi dei paesi contermini della provincia nord di Napoli è costruito in pietre di tufo. Un tufo poroso e giallo. Così poroso da sembrare simile alla grana e così giallo da apparire un prodotto del sole.

Molte voci dicono che il sottosuolo del paese sia pieno di cavità e percorsi sotterranei tali da rendere precario l’equilibrio della vita che si svolge in superficie, sull’asfalto. Ma non devono essere soltanto voci o retaggi di leggende tramandate dato che ogni tanto le strade si sgonfiano e si deprimono tirandosi dentro anche pezzi di mondo in affioro.
Quelle più “azzardate”, mi riferisco alle presunte dicerie, raccontano addirittura della presenza sotterranea di grotte talmente ampie e lunghe da estendersi fino alla piazza Garibaldi del capoluogo partenopeo. Si ipotizza, dunque, in base a quanto può raccogliersi dalle narrazioni tramandate, che possa esserci una fitta rete di comunicazione immersa nella terra e che di tanto in tanto fa sentire la sua voce agli abitanti del “piano di sopra”. Quanto ci sia di vero non possiamo dirlo. Le uniche certezze sono i numerosi ed evidenti fenomeni di collasso stradale che negli anni sono avvenuti.
Per esempio, circa un anno fa, proprio davanti alla casa comunale l’asfalto si accartocciò ripiegandosi su se stesso. Anche adesso il fenomeno si è ripresentato nello stesso punto a seguito delle piogge in questione, come a voler far compagnia a quello di via Pola.

Nell’arco di due anni, a Grumo Nevano, di episodi inquietanti ce ne sono stati molti. In via Giacomo Matteotti vi fu lo sprofondamento di un’area su cui, ancora tutt’oggi, insiste un distributore di carburanti per auto. In via Todi lo smottamento di una parte della strada investì anche un’abitazione privata e la stessa cosa può dirsi per quanto accaduto in via Raffaele Chiacchio, in via San Domenico e in via Dante Alighieri, fino agli ultimi episodi qui trattati.

 Una chiara mappatura delle aree a rischio sarebbe possibile soltanto svolgendo indagini geologiche accurate del sottosuolo. Certo che i costi sarebbero elevati ma ne varrebbe la pena, credo. Nel frattempo si potrebbe cominciare redigendo una mappa dei luoghi cittadini che negli anni sono stati interessati dal fenomeno. Disegnare e indicare su una carta le aree in questione e tentare di ricucirne poi le maglie unendo i punti. Questo darebbe la possibilità di ipotizzare possibili traiettorie e direzioni anomale. Ma non basterebbe a rendere conosciuto questo mondo oscuro e sommerso quanto quello dell’animo umano.

 

© Andrea Auletta

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