La vita è bella anche quando sputa
La vita è bella anche quando sputa

Il “caso” – basta già la sua inquietudine

Proprio ieri sera, intorno alle 20:00, sulla strada verso Cassino, è avvenuto un incidente. Quattro morti.

Claudio, cinquantadue anni, stava tornando a casa, era andato a comprare le pizze per la sua famiglia, come si fa spesso il sabato sera, nel fine settimana. In un’altra auto, invece, che percorreva il senso opposto verso Cassino, Carlo, Matteo e Luigi, tutti e tre quasi ventenni, dovevano incontrare delle amiche proprio a Cassino. Ma non mi interessa raccontare la dinamica dell’incidente, basta cercare su un motore di ricerca e leggere quanto scrive chi si occupa di certe morbosità per conoscerla. Voglio invece pormi una domanda: fino a che punto siamo padroni della nostra esistenza?

So che la mamma di uno dei ragazzi aveva appena finito di lavorare in un minimarket, era stanca, non vedeva l’ora di tornarsene a casa e magari, chissà, avrebbe preparato una pastiera per i figli nonostante la stanchezza. So che la figlia di Claudio, il cinquantaduenne, ha saputo tramite i social dell’incidente e non pensava minimamente che il suo papà fosse rimasto coinvolto nello scontro. So anche che la mamma di un altro dei tre ragazzi era (ed è) a casa con il covid e non potrà nemmeno andare in chiesa o al funerale. 

Il caso. Viviamo malissimo in una società che si diverte a molestarci, dandoci pesanti motivi di malessere quotidiano e ci trasforma: diventiamo frenetici, afflitti, depressi, siamo stanchi. La nostra “amata” società non ci lascia gioire il semplice essere parte del mondo, della natura e nemmeno riusciamo a trarre giovamento nelle relazioni con gli altri. Andiamo di fretta. Vale la pena continuare a sopportare un infernale stile di vita, imposto da un sistema/mondo, che insegue il danaro e ci succhia il tempo quando, invece, basterebbe già l’elemento “caso” a darci la sua buona inquietudine?

Sì, oggi è Pasqua, la Santa Pasqua, perché mai dovremmo leggere, conoscere o, peggio ancora, empatizzare con un evento tanto tragico? «Andrè, rilassati!» qualcuno potrebbe dirmi. Ma la realtà è questa: non c’è alcuna separazione fra noi e gli altri, e la vita è troppo preziosa, breve e fugace, per essere vissuta sopportando le dannazioni indotte questo sistema/mondo. Ripeto, la casualità, con le sue incontrollabili dinamiche, è sufficiente a garantirci la giusta dose di afflizioni, il resto davvero non lo meritiamo, è troppo. 

Si dirà, qualcuno dirà, noi diremo: «Vabbè, ma quelli correvano, potevano anche stare attenti, teste calde!». È sempre rassicurante trovare una colpa, scovare un motivo, perché ci pone distanti dal caso. Sapere che il caso è in agguato, e che riguarda ognuno di noi, fa paura, meglio negarlo additando qualcuno o qualcosa. Ah, il dito (soprattutto il medio) che bella invenzione, ci porta lontani dai guai.

La nostra società, iper-organizzata, non è altro che un enorme meccanismo che si illude (invano) di preservarci dal fato, dal caso. E diventa così arrogante e intrusiva, permeando ogni aspetto della nostra vita, da asfissiarci. Lavorare otto ore al giorno per piccoli stipendi ci consente di comprare da mangiare, di pagare le bollette, le tasse, di acquistare l’automobilina, la casetta, giusto. E poi di mandare i figli a scuola affinché un giorno, a loro volta, possano saltare sulla giostrina e trovarsi un lavoro che li tenga occupati per la maggior parte delle ore della loro piccola vita, senza mai fermarsi un attimo, senza mai che possano chiedersi (così come non lo facciamo noi): «Un attimo, stop! Ma com’è fatto questo cazzo di mondo nel quale mi ritrovo catapultato direttamente dall’utero di mia madre? Ho voglia di scoprirlo. E di goderne!».

Mi raccomando, in gamba, pensiamo intensamente all’ovetto pasquale e alla sorpresina imprigionata dentro il cioccolato, mangiamolo, mangiamo anche la pastiera, mangiamoci tutto, oggi, appunto, è Pasqua, la società ci consente una tregua. 

(© Andrea Auletta) 

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