La vita è bella anche quando sputa
La vita è bella anche quando sputa
nel nostro bacio- andrea auletta

Nel nostro bacio – (racconto)

NEL NOSTRO BACIO (Racconto breve)


La prima cosa che ho pensato è stata questa: «Non potremo più baciarci».

In tv elencavano le prescrizioni. Mi sono voltato verso Mara, ci siamo guardati. Aveva occhi increduli, come i miei. Lo scenario che si prospettava sembrava un incubo.

«Non è possibile!» avrei detto. E invece no, sono rimasto zitto.

Da quella lontana sera di primavera, quando ci mettemmo insieme durante una festa di compleanno, ci fu subito chiaro che per noi, il bacio, avrebbe avuto poco a che fare con il sesso. E infatti divenne un conforto, anzi, molto di più: il rifugio lontano dall’inferno. Su quel divano, nel locale affollato, nonostante la musica e il casino, all’improvviso non ci fu più niente intorno a noi. Lo abbiamo adoperato sempre, in ogni istante, il bacio, per dissolvere le ostilità della vita. Come quando il papà di Mara abbandonò questo mondo dopo una malattia durata quasi un anno. In quel periodo ci abbracciavamo ogni volta. E poi ci baciavamo. Senza sosta, senza mollarci. Anche mentre facevamo l’amore le bocche restavano unite. «Siamo labbra invincibili!». È sempre stato questo il nostro ritornello.

Si può comprendere, quindi, la tristezza in cui siamo sprofondati mentre il tizio dal telegiornale elencava le misure comportamentali da adottare per arginare la pandemia. Abbiamo sorvolato su tutte le altre regole: restare forzatamente in casa, uscire solo per motivi necessari. Ma quando quella voce ha detto: “Mantenere almeno un metro di distanza dall’altro”, siamo svenuti.

«No, non può essere!» ha esclamato Mara.

Era in piedi nei pressi del tinello con un piatto e uno straccio fra le mani. Quel dopo cena è stato tremendo. Poi, seduti sul divano – io in cima e lei dall’altro capo – abbiamo setacciato a ritroso tutti i contatti avuti negli ultimi quindici giorni. Svolgiamo entrambi un lavoro che ci avvicina a tante persone: sono un odontoiatra, lei è una parrucchiera. È stato necessario farlo.

«La signora Gina aveva la febbre e un bel po’ di tosse» ha esordito guardando il soffitto. «È venuta l’altro ieri pomeriggio per la messa in piega».

L’ho ascoltata con attenzione e nel frattempo ripensavo ai miei pazienti sfogliandoli come un bugiardino. Allora, lei, con la faccia ansiosa, mi chiede:

«E tu?».

«Tesoro, io metto le mani nella bocca della gente».

«Eh, capisco. È tutto così assurdo».

Ci siamo zittiti.

Lo sconforto è diventato una tristezza che sfarina le ossa. I nostri piccoli, Clara e Fulvio, giocavano ignari nella loro stanza, si sentivano i loro sorrisi.

«Dai, non è il caso di abbattersi» le ho fatto.

Mi ha guardato, ha sospirato.

La sera si preparava a diventare notte insonne e intanto avevamo voglia di abbracciarci. Ma quell’angoscia, ora, non la si poteva vincere come abbiamo sempre fatto con le altre. No. Eravamo braccati, ormai. Quel virus, il demonio in persona, ci stava stanando: si era annidato nel rifugio della nostra intimità. E all’improvviso, per una paradossale stortura, per la distrazione di Dio, l’inferno stava proprio dentro. Nel nostro bacio.

(© Andrea Auletta)

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