Quando la rabbia arriva è proprio faticoso liberarsene. Monta dal basso ventre e poi si irradia fino al petto giungendo oltre, alla testa. I pensieri si assottigliano e la vista si fa breve e angolata. I muscoli delle mascelle indolenziscono.
Pronto ad esplodere, ad eruttare, sento di essere un pericolo per gli altri ed evito anche i dialoghi più innocui, quelli colmi di emozioni neutrali.
Giunge per una frase mal interpretata, per un gesto o per altre simili banalità e si risveglia di colpo: basta un soffio leggero di vento su una brace latente a farla divampare.
A volte è così forte che il mio corpo sembra incapace di fronteggiarla, è così grossa che mi percepisco troppo piccolo per contenerla. La rabbia è una bestialità arcaica prigioniera nella carne, spaventosa da custodire, invadente come un temporale per il cielo.
Il viso si contrae indurendosi e la ragione affanna boccheggiando disperata. Espropriata dal suo posto si muove come un naufrago verso la zattera sperando di rimontarla.
La collera è un cavallo che nitra e impenna sbattendo all’aria il fantino del buon senso. È come il panico, la paura e l’ansia: è ciò che viene subito dopo di esse. È il sentimento del risarcimento, la contromisura alle frustrazioni inflitte da altri: è il guardiano della nostra dignità e, fa tremare.
Sgomenta quanto la notte nera, come i versi di bestie misteriose e sconsacrate: la rabbia è un demone risvegliato in noi che ingombra il corpo con la sua presenza gonfia.
È un mostro che cresce. È una bocca spalancata nello sterno. È un pozzo senza luce stretto e freddo. In un attimo strappa gli altri sentimenti e punta dritto sulla preda, sul bersaglio col desiderio di compiere disastri.
I denti mordono, le mani smembrano, le gambe scalciano e la gola urla forte all’anima disperdendola nell’etere.
La rabbia e la paura sono sorelle, non c’è l’una senza l’altra, ma la prima è la maggiore. La paura è la rabbia che ha voltato le spalle alla sua vittima nel tentativo ultimo di salvarla. Quasi sempre è cieca.
La rabbia è la ragione smarrita che ha riconosciuto la sua impotenza.