La vita è bella anche quando sputa
La vita è bella anche quando sputa
Amore Cane (romanzo di Andrea Auletta)

Amore Cane

https://www.youtube.com/watch?v=DMKGOjWhIWc

ad Anna
che per troppo tempo
non vedrò più


Trama del romanzo Amore Cane

Francesco vive e lavora nella provincia di Napoli, che lui definisce nel racconto come “Periferia Scassata”, indicandone il degrado ambientale e l’apatia emotiva dei suoi abitanti. Un giorno viene colto da un attacco di panico (il dio pan). La crisi lo porta a fuggire, ancora in preda al malore, nelle campagne del Sannio alla ricerca di un momento di quiete. Lì incontra per caso Nicola, un vecchio Contadino e la sua grossa cagna (Pacchiana) che ha partorito da un mese cinque cuccioli. Fra i due nasce un’amicizia profonda e Francesco adotta Mosè, uno dei cuccioli di Pacchiana. Attraverso lo sguardo di Mosè, scoprirà l’Amore Cane: un amore sincero privo di finzioni, diverso dall’amore stitico respirato nella periferia scassata, e che gli farà vedere il mondo con occhi nuovi, avvicinandolo a una vita rurale.Durante una delle tante visite fatte a Nicola, incontra poi Giovanna, animalista e amante dei cani. Nasce un sentimento profondo. Ma Francesco, sempre più a disagio nella periferia scassata di Napoli, decide di trasferirsi in campagna nel Molise. Giovanna però, orfana di madre, figlia unica, non vuole lasciare da solo il padre depresso… cosa accadrà?…


Un cane ci insegna a sua insaputa cosa è l’autenticità.

So che questo è un pensiero quasi dozzinale, forse banale, ma è la verità. E autentico diventerà anche l’amore tra Francesco e Giovanna.

Con questo romanzo non ho voluto raccontare una storia sdolcinata che ha come protagonista un simpatico cane combina-guai. Assolutamente non si tratta di questo. Ho voluto, invece, porre una forte critica alla nostra società contemporanea dove tutto è “business”, tornaconto, materialità, rampantismo, arrivismo… E dove i sentimenti sono spesso stitici, contratti, senza slanci. In qualche modo ho definito un nuovo tipo di amore ispirandomi a queste creature tanto dirette, prive di ogni filtro e monche di qualsivoglia menzogna emotiva, ho definito: l’Amore Cane.

L’Amore Cane è schietto. Disinvolto. Non fa calcoli e non si vergogna di mostrarsi anche nelle sue debolezze. A volte è crudo, ma vero. Ringhia, si arrabbia o morde, ma è profondamente autentico. Altre volte esplode di gioia e diventa infantile, ma resta libero di essere ciò che è. Qualche volta, invece, è triste, ma non si vergogna di esserlo, non si sente in dovere di apparire per forza sempre pronto a mostrare un finto buon umore, solo per piacere e compiacere ad altri. L’Amore Cane non teme giudizi e osa mostrarsi.

Il protagonista del racconto, Francesco, è un tipo che mi somiglia molto per certi aspetti, ma non tutti. L’altro è Mosè, il suo cane, che poi è anche il mio.

(Ve l’ho detto, mi assomiglia).

In ogni caso le vicende narrate sono del tutto inventate e lo condurranno a compiere una scelta di vita che mai si sarebbe sognato di fare: trasferirsi in campagna.

Infatti, decide di abbandonare la periferia scassata di Napoli in cui vive da sempre, abbracciando una dimensione rurale, dove il rapporto con a natura, la terra, l’aria e la luce, non sono solo “annunci detti in inverno” in vista della prossima vacanza estiva, ma un modo simbiotico di essere. Svestendosi da tutti i ruoli che lo hanno da sempre definito (architetto; fratello; figlio; amico; ipocondriaco ecc.), sceglie di azzerare totalmente sé stesso per riprendere un contatto atavico e “costituzionale” con il mondo creato, riscoprendo anche una rigenerata interiorità emotiva che gli svelerà, poi, il gusto di amare ogni cosa con un amore profondamente sincero e coraggioso, un Amore Cane, appunto.

Vi riporto, sotto, la prefazione al libro scritta da Patrizio Trampetti, paroliere, musicista e fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare con Eugenio Bennato, oltre che autore di canzoni famose scritte per Eduardo Bennato, quale ad esempio Un Giorno Credi.

Ecco ciò che ha scritto Patrizio e che trovo molto calzante…


Prefazione di Patrizio Trampetti al romanzo “Amore Cane”

Gli animali non hanno voce nel nostro mondo di umani, eppure ogni tanto accade che qualcuno riesca a raccontarli, a prestare loro parole capaci di renderli protagonisti di storie di vita: è ciò che accade a Mosè, il molosso del protagonista, che egli tiene con sé fin da quando, cucciolo, “nelle mani sembrava un balocco di legno venato di chiaro”.
Tutto il libro di Andrea Auletta è tramato da questo rapporto uomo-cane, vera simbiosi animale con animale, per la quale il narratore arriva a rimpiangere di non poter “essere figlio di sua madre” e che lo alleggerisce ogni volta della sua appartenenza umana, sottraendolo ai suoi obblighi, ai ruoli, alle sue ossessioni; in compagnia del suo cane, tutte le responsabilità si dissolvono ed egli sente felicemente di non essere più nulla, “non un figlio; non un fratello; non un amico; non un architetto; non un quarantenne; non un ipocondriaco”.
Perfino il box del molosso appare come un porto franco, “che non è più Italia”: infatti, con la “sua indole di pagliaccio”, Mosè rappresenta il gioco e la libertà nella loro essenza più pura, capaci perfino di tenere a bada gli attacchi di panico (ma non è forse Pan il dio della natura che, urlandogli nel petto, vuole trasmettergli la ribellione ad un’esistenza artificiale?) che assalgono il protagonista quando la follia di questa brutta “civiltà” del cemento e dell’alienazione arriva ad opprimerlo con maggiore violenza.
E l’immedesimazione prosegue nell’evocare la gioiosità del suo cane quando egli è costretto a stare nelle “scatole di latta che sono le auto”, o il suo azzannare quando subisce le vessazioni degli uffici pubblici dove, tra le parole e i fatti, “ci passa l’assurdo”; è la sua immagine a calmarlo e, al rientro a casa, sono infine i suoi occhi “a spruzzare acqua fresca sul fluido rovente”. L’abbraccio con Mosè, “correzione del mondo fantoccio”, fa giustizia di ogni negatività, chiudendo entrambi in un unico cerchio magico.
 
Mi ha commosso L’Amore /cane perché anch’io sono stato fulminato, alla morte di una mia zia novantenne “gattara” cui ero molto legato, che nel suo sguardo mi trasmise il testimone dell’Amore/ gatto. Da allora, mi prendo cura dei gatti di casa e di quelli randagi, con la stessa dedizione che aveva lei e con l’amore per questi esseri indifesi, eppure tanto utili alla nostra esistenza, che ho ritrovato in queste pagine.
 
Insieme a Mosè, però, è anche la terra a parlare costantemente al cuore dell’autore: i piccoli terreni coltivati dai pensionati ex contadini che di tanto in tanto va a trovare, il casale assediato dalle villette a schiera, le tristi zone desolate tanto frequenti nella periferia “scassata” di cui parla l’Auletta, i pezzi di terra“in crisi d’identità”, terre, insomma, assediate da una devastante “cultura che avanza senza tregua”.
Ma è la terra di Nicola, anziano contadino dal pelo bianco e con “la pelle cotta”, ad agire come ulteriore antidoto al malessere del protagonista; terra popolata da pecore e maiali, da alberi da frutta e ortaggi, buona per stare “sull’altalena del giorno e della notte, della vita e della morte”. Una buona e vera terra, contrapposta ai luoghi ibridi così numerosi nel nostro tempo, non più paesi, ma non città, quei “non so che cosa”, che nella narrazione si alternano ai non dialoghi con amici occasionali.
Infine, sarà il ritorno in una terra del Molise dove il nostro coraggioso eroe potrà risarcirsi, in compagnia di Mosè, della perdita dell’amico Nicola e di quell’infinito che una volta cingeva tutti gli esseri viventi in un unico assoluto.
 
(Patrizio Trampetti)

Vi ricordo che il libro è disponibile presso qualsiasi libreria italiana o sui maggiori store online quali: Amazon; IBS; LaFeltrinelli ecc.

 


 

 

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