Vorrei dedicarti un viaggio,
una canzone o una parola.
Vorrei farti ballare.
Vorrei sciogliere ogni tuo nodo in gola
ma non so come fare,
mi sento sprovveduto.
Eppure non conosco cosa sia la resa
e se mi cruccio in una notte,
spero sempre che la luce arrivi
il giorno dopo.
Vorrei che i tuoi occhi vedessero
ciò che per loro non sono adesso.
Che la tua mano mi toccasse il naso
e poi soffiarti suoni nuovi nell’orecchio
sotto una pioggia frenata da un ombrello.
Ma temo sia un delirio disgraziato
il mio fantasticare: un sogno che seda
le amarezze,
ed io sogno che metti via la faccia dura
e mi sorridi con il petto prima della voce.
Sogno e immagino di poterti abitare,
di somigliare a ciò che vuoi dal mondo,
di entrare nella stanza dove ora tu soltanto
sai di respirare.
D’essere un’ombra fra le ombre delle cose
che guardi o tocchi quando sei lontana
dalla folla.
Come tua madre, un diario, un gatto
o una coperta,
meritare le ore più segrete del vissuto.